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I tamponi, la matrioska, le giornate sull’ambulanza di Martino padre e figlio ai tempi del Covid-19

Gregorio Martino e il foglio Stefano sul'ambulanza per la Misericordia di Grumo Nevano [1]

Gregorio Martino e il foglio Stefano sul’ambulanza per la Misericordia di Grumo Nevano

Gregorio Martino e Stefano Martino. Padre e figlio. Una vita di futsal che non basterebbero pagine per narrare le gesta dell’ex capitano dell’Afragola calcio a 5, la storica squadra rossoblù che fece sognare tutti al Calcetto Sant’Antonio a cavallo del 2000. Stefano ora invece segue in qualità di dirigente la Real Atellana. Entrambi sono sull’ambulanza, tutti i giorni alla Misericordia di Grumo Nevano, rispondendo alle chiamate del 118, seguendo le indicazioni delle abitazioni da raggiungere attraverso la direzione centrale. “Ci sono linee guida precise a cui dobbiamo attenerci, molti casi riguardano proprio l’emergenza sanitaria che ha colpito in particolare l’Italia – dice Gregorio -.  E’ vero, molte situazioni riguardano il Covid 19, ci si veste con i dispositivi di protezione per fare il tampone, viene riposto in quella che in gergo chiamiamo matrioska, quindi uno scatolo chiuso e protetto e si porta al Cotugno per farlo esaminare”.

“Ogni giorno facciamo almeno 3-4 interventi per il Covid-19 – continua Stefano -. La Centrale prende informazioni dalle chiamate dei pazienti, se i sintomi descritti sono ritenuti validi dobbiamo intervenire. Per ora ci siamo trovati nella maggior parte con persone dai 60 anni in su. Leggiamo la paura nei loro occhi, ci chiedono quale sarà la procedura, cosa devono fare. Noi proviamo ad aumentare il nostro senso di responsabilità, dandoci e dando loro forza. Questo è un lavoro che già facciamo col cuore, in queste settimane ancor di più”.

E’ cambiata anche la vita di tanti ospedali, con i Pronto Soccorso che sono operativi nella massima tutela e prevenzione, con le altre chiamate da gestire che si spera non siano mai casi gravi. “E’ così – aggiunge Gregorio -. In media ci sono 8-9 interventi, dobbiamo essere pronti come sempre a tutto, ma mai come in questo momento bisogna lasciare davvero a chi lavora o per necessità, l’esigenza di uscire. A volte, e ci fa tanta rabbia, vediamo anziani senza alcuna precauzione andare in giro, ci sono teste di legno di qualsiasi età che non hanno capito la gravità del problema. L’appello è sempre lo stesso, quello di restare a casa, di limitarsi ad andare a fare la spesa anche una sola volta in una settimana come facciamo noi”.

E poi la sera il rientro dalla famiglia, con una situazione simile a tante altre, con una mamma e una sorella che aspettano, con cui si parla della giornata, provando anche a sdrammatizzare un po’: “Soprattutto i ragazzi stanno vivendo qualcosa di inimmaginabile – conclude Stefano -. Noi cerchiamo di trasmettere ai nostir cari le disposizioni che possiamo dare a pazienti e persone che incontriamo e ogni tanto dobbiamo anche provare a sorridere. Non credo che ad inizio aprile ne usciremo, ci vorrà ancora tempo. Facciamoci forza, continuiamo a dare il cuore al nostro lavoro e speriamo che tutti quegli sguardi di paura delle persone che stiamo incrociando possano trasformarsi in sorrisi”