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Il toccante racconto del dr. Pontillo (anche audio), allenatore del Casagiove, in prima linea all’Ospedale di Caserta: “La virulenza del Covid fa impressione, abbiamo timore, ma siamo qua”

Il dr. Antonio Pontillo lavora al Pronto Soccorso all'Ospedale Sant'Anna e San Sebastiano di Caserta, è allenatore del Casagiove in C1 [1]

Il dr. Antonio Pontillo lavora al Pronto Soccorso all’Ospedale Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta, è allenatore del Casagiove in C1

Ci sono storie da raccontare che lasciano il segno, in un periodo di quarantena forzata, dove la preoccupazione per molti è scendere a fare la spesa, trovare un diversivo alle giornate monotone, c’è chi fa il lavoro forse oggi più a rischio. Non è facile per nessuno, non è facile anche stare tra le mura di casa, per tanti senza la possibilità di guadagnare, con il lavoro sospeso, con le incertezze che inevitabilmente ci porteremo dietro nei prossimi mesi. Ma ora le priorità sono altre, in primo piano la possibilità di non ammalarti e di tutelare le persone a te care; poi c’è chi, ogni giorno, con i suoi occhi vede il dolore, la paura, le difficoltà e con lo stesso spirito si mette a disposizione della collettività. Antonio Pontillo lavora al Pronto Soccorso del San Sebastiano di Caserta, divisi in Chirurghi e Internisti (Il medico internista si occupa dell’assistenza ai pazienti affetti da disturbi epatologici, autoimmmuni, allergologici, gastroenterologici, reumatologici e di tutte le altre problematiche di medicina generale che non necessitano di un approccio chirurgico ndr). Lo fa tutti giorni, consapevole dei rischi a cui va incontro. “La gente ha capito che non deve venire per banalità. Prima c’erano accessi di 230 persone al giorno, ora siamo a 60 pazienti, stanno venendo solo se è indispensabile. C’è responsabilità – dice il dr. Pontillo -. Proprio oggi, però, ci sono state 4 ambulanze con dei sospetti Covid e siamo andati un po’ in difficoltà. Siamo organizzati benino, perché una parte che prima era dedicata al Pronto Soccorso pediatrico adesso è diventata stanza di isolamento per i sospetti Covid, per cui il paziente che viene con febbre e tosse è completamente isolato. Là facciamo tutti gli esami, il tampone e la direzione sanitaria sta ampliando il reparto di malattie infettive”.

Un’emergenza continua, cresciuta negli ultimi giorni, con il modus operandi che cambia: “Abbiamo 9 posti in terapia intensiva, fino a ieri i tamponi erano portati al Cotugno e i tempi della risposta erano lunghi, fino a 3 giorni, ora ci siamo attrezzati anche noi a fare il tampone. Sappiamo sicuramente che ci sono 3 positivi, per altri 5 aspettiamo l’esito degli esami”.

E non mancano come sempre le criticità, soprattutto in ciò che dovrebbe essere considerata una priorità per chi è in prima linea come loro. “Stamattina non avevamo le mascherine, solo quelle chirurgiche, so che non riguarda solo noi, ma tutta l’Italia – continua il dr. Pontillo. Non è facile in queste condizioni. Se viene il paziente sintomatico con febbre o tosse, tu immediatamente lo metti in isolamento e adoperi tutti i presidi necessari, ma il problema sono gli asintomatici, quelli positivi e non lo sanno. Abbiamo avuto dei casi di uno che è venuto per un problema cardiaco e poi si è dimostrato essere covid positivo. Non avere presidi adeguati, le mascherine Fp2, Fp3 (quelle a norma ndr), stare solo con la mascherina chirurgica per la verità non ci fa stare tranquilli. Non è che puoi dire ai pazienti di non curarli, però c’è un disagio notevole perché ti rendi conto che puoi essere un vettore d’infezione e se uno del Pronto Soccorso si ammala, s’infetta, diventa un macello e bisogna andare tutti in quarantena. Già ci trattano un po’ da appestati, giù da noi gli altri colleghi non scendono proprio più, prima ti venivano a domandare come stesse un paziente, chiedi una consulenza e ora la fai via telefonica, un po’ tutti hanno timore e, per la verità, forse hanno ragione perché la virulenza del covid fa impressione”.

Il racconto del dr.Pontillo fa capire poi quanto questa emergenza sanitaria debba tenere tutti in allarme, non solo persone anziane: “All’inizio era così, ora posso dirti che abbiamo un uomo di 48 anni ed una donna di 52, l’età media si è abbassata. Per fortuna non danno segni di peggioramento e questo ci conforta. E dobbiamo aspettare il riscontro di tutte quelle persone che sono rientrate in gran parte dal Nord e dalla Lombardia per capire se questo picco tende a salire o no”.

Una preoccupazione che poi, inevitabilmente si sposta anche nell’ambito familiare. “Ho una figlia in Germania, dove inizialmente se ne sono fottuti e mia moglie è in apprensione. Poi lo vedo anche tra noi colleghi, c’è chi va a trovare il padre, rimane sull’uscio della porta e non entra, c’è chi non dorme col marito o viceversa per evitare. Anche io cerco di mantenere le distanze per quello che è possibile in un appartamento, dobbiamo solo essere attenti sul lavoro e trattare tutti come se fossero positivi, è l’unica difesa, di questo ci siamo resi conto, anche se sono asintomatici”.

Uno spaccato della realtà di questi giorni che il dr. Pontillo vuole chiudere parlando anche della sua città e di  un altro raccontnto che lo ha turbato. “Caserta sta rispondendo bene agli appelli, per la mia sensazione vedo pochissime persone in strada e questo è importante.  I numeri non mi confortano ancora, in Campania non c’è una flessione dei contagi, dobbiamo aspettare. Ho letto di un episodio a Bergamo dove, forse per un disguido, forse, per il caos che quella città sta avendo, hanno sepolto un paziente senza nemmeno avvisare la famiglia. Non dimentichiamo che chi muore di coronavirus entra in ospedale, non potrà vedere più un parente e non avrà sepoltura né funerale. Questo fatto un po’ mi sconvolge. Restiamo a casa”.

ASCOLTA L’INTERVISTA AL DR. ANTONIO PONTILLO  [2]