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Antonio Sapio e i tecnici sanitari di radiologia medica a Bari: “Ci siamo anche noi in prima linea”

Antonio Sapio speaker per anni del Napoli calcio a 5 è tecnico sanitario di radiologia medica presso il policlinico di Bari [1]

Antonio Sapio speaker per anni del Napoli calcio a 5 è tecnico sanitario di radiologia medica presso il policlinico di Bari

Antonio Sapio l’abbiamo conosciuto sui campi di futsal come speaker, soprattutto negli anni del Napoli calcio a 5, ma anche col Marigliano, ci ha contattato per raccontare quanto ora sta vivendo in città dove la paura del contagio cresce per i tanti arrivati dal Nord senza controllo, in quella Bari dove abbiamo in tanti visto le lacrime del sindaco Antonio De Caro in una struggente diretta facebook [2].

“Il lavoro mi ha portato lontano da casa. Sono un tecnico sanitario di radiologia medica presso il policlinico di Bari. Anche qui stiamo avendo a che fare con l’emergenza coronavirus. Dopo quella folle fuga della notte tra 7-8 marzo abbiamo capito che l’emergenza non sarebbe più stata circoscritta al Lombardo Veneto, ma che lentamente sarebbe arrivata fino a noi qui a sud – ci racconta Antonio -. Lavoro in Pronto Soccorso e siamo sempre in prima linea per qualsiasi emergenza, siamo abituati ai traumi, al sangue, al dolore…ma questa volta è diverso. Siamo una équipe abbastanza giovane, piena di energia, pronti ad aiutarci uno con l’altro”.

Una solidarietà tra colleghi enorme, uno spirito di gruppo che in situazioni estreme dà forza per affrontare ogni momento, ma anche la voglia di raccontare il lavoro di una categoria forse speso omessa dai media: “Siamo napoletani, foggiani, baresi, siciliani, lucani…siamo gente del Sud e in questa emergenza ce la stiamo mettendo tutta per affrontare al meglio la situazione. La nostra categoria non viene quasi mai citata, si fa riferimento sempre a medici e infermieri ma in prima linea ci siamo anche noi. Siamo noi a dover eseguire gli esami radiologici (rx e Tac torace) ai pazienti positivi o sospetti covid-19. Siamo noi che veniamo chiamati in ogni reparto del policlinico e a dover fare le lotte per ottenere i dispositivi di protezione individuali per proteggerci dal contagio. E siamo anche guardati male perché andando di reparto in reparto potremmo essere i primi vettori di contagio”.

Quella che è diventata routine quotidiana non spaventa Antonio e tutti quelli che sono in prima liena con lui, anzi, cercando di essere forti anche per gli altri: “Il reparto di malattie infettive è andato via via riempiendosi, il più giovane ha 23 anni, noi bardati con camice, tuta, calzari, doppi guanti, mascherine e visiera quasi soffochiamo ma abbiamo sempre una parola di incoraggiamento per tutti e cerchiamo di esprimere tranquillità con gli occhi, che sono l’unica parte del corpo ad avere un minimo contatto con l’esterno. Oggi si è iniziato a riempire il reparto di terapia intensiva e abbiamo capito davvero cosa vuol dire lavorare per 6/8/12 ore in queste condizioni. Ma lo facciamo con spirito di sacrificio e con la convinzione che il nostro lavoro verrà ripagato magari salvando la vita di quanti più pazienti possibili”.

Ed infine quel meraviglioso altruismo che al termine di una giornata massacrante ti lascia un sorriso negli occhi. “Volevo sottolineare anche la solidarietà di varie pizzerie e focaccerie della zona che durante il turno di notte ci omaggiano di ogni leccornia ringraziandoci per il lavoro che svolgiamo –conclude il suo racconto Antonio – . Sono piccoli gesti che per noi hanno una grande valenza. Vorrei rinnovare l’appello a STARE A CASA perché davvero se non la vivi una situazione simile non puoi capirla. Nessuno è immune dal contagio e se volete davvero aiutare e ringraziare il personale sanitario messo a dura prova in questi giorni vanno bene gli applausi dai balconi ok, ma per vincere questa battaglia e dire #celabbiamofatta non c’è altra strada che quella di casa”.