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Fare l’arbitro è una partita di coraggio, rispetto e lealtà. Si sbaglia, ma non si nega l’evidenza

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L'ex arbitro internazionale Massimo Cumbo

Quando siamo stati invitati a partecipare alla lezione di Massimo Cumbo, grandissimo ex arbitro internazionale, davanti ad una platea di arbitri, abbiamo ancor di più capito cosa rappresenta l’orgoglio e il vanto per chi indossa quella divisa. Parole mai a caso, un elenco di diritti e di doveri in una famiglia che ha delle regole da rispettare se vuole farsi rispettare, dove l’errore è parte di un percorso di crescita, dove la lealtà è un punto insindacabile di partenza. Ciò che ci colpì fu proprio l’emozione nella descrizione dei particolari e il senso forte di appartenenza ad una categoria che diventa ogni week-end il capro espiatorio di ogni decisione controversa,  sei sempre sotto l’occhio del ciclone e dove, quando fai bene, hai sempre sbagliato qualcosa. Un’ora in cui ogni sguardo, ogni immagine lasciavano trasparire la voglia di una sfida, una partita che gli arbitri giocano da soli per vincere quella dell’ambizione e del rispetto. Perchè guadagnarsi il rispetto è il primo grande successo che si possa raccogliere.
Negare l’evidenza è mancanza di coraggio. E per indossare una qualsiasi divisa il coraggio è forse la prima dote che bisogna avere nel proprio dna. Far finta di non sapere, di non ricordare è l’atteggiamento di chi, probabilmente, non merita di rappresentare una categoria.
Veniamo al fatto.  Pomigliano-United Colours, gara di C2 girone B, non si ripeterà al 99%. La nostra presa di coscienza è un atto dovuto per la verità e per le parole che abbiamo scritto con chiarezza nelle scorse settimane. Non fate strumentalizzazioni, perchè qui nulla è contro o a favore dei club che possono muoversi come meglio credono e attraverso le azioni che la giustizia sportiva consente. Il nostro unico rammarico è che l’arbitro in questione, il signor Izzo di Torre Annunziata, aveva una grande opportunità, quella di ammettere un proprio errore e non l’ha fatto, rovinando con un gesto il lavoro di trasparenza e correttezza che stanno esigendo i designatori campani Marcello Toscano e Giovanni Belcuore. Riportando con quel gesto ad una distanza più lontana la classe arbitrale e i club. Non generalizziamo, è vero, ma il “non ricordo” del signor Izzo ha purtroppo un valore simbolico e scomodo. Chi conosce l’episodio e tutti hanno visto, sa che le riprese di Punto 5 e alcune amatoriali, evidenziano come l’errore tecnico di quella sfida sia lampante. Un giocatore espulso perchè chiaramente in campo costringe la sua squadra a riprendere il gioco in 4 e non in 5. Probabilmente il signor Izzo vive in un eremo, non  ha un computer e nessuno gli ha fatto notare la sua negligenza e questo non è lecito saperlo. Le immagini non costituiscono prova di un errore, ma appartiene al gioco dei furbi il far finta di nulla. Se un giocatore prende 4 anni di squalifica perchè picchia un arbitro è sacrosanto, anzi andrebbe radiato. Il signor Izzo ha picchiato la sua coscienza, forse sarà declassato, ma noi gli consigliamo vivamente di sospendere la sua carriera e dedicarsi ad altro, perchè chi non ha coraggio e personalità non è all’ altezza di indossare una divisa.