E’ il destino di molti nostri connazionali, quello di dover espatriare per dimostrare il proprio valore e le capacità avute in dotazione. Accade nella vita quotidiana così come nello sport, sintomo di un Paese che spesso è poco geloso dei propri figli oltre che scarsamente riconoscente nei loro confronti. E’ questa anche la storia di Antonio Campano, “un ragazzo qualunque”, che per difendere i colori di una nazionale ha dovuto attendere un’inattesa chiamata oltre confine: il suo tricolore non sarà quello della bandiera italiana, il suo inno non sarà quello di Mameli. Nella sua terra non si sono accorti di lui, nella “lontana” Francia invece sì. Strano, molto strano. Non fosse altro per tutto quello che questo “scugnizzo” napoletano, ormai 35enne, ha sempre dimostrato nel corso della sua lunga carriera calcettistica, costellata di successi e di magie, impreziosita da gol segnati a valanga e quasi mai banali, ma soprattutto da un carisma fuori dal comune, quello di chi da sempre veste i panni del vero trascinatore. Evidentemente tutto ciò non gli è bastato per meritarsi la possibilità di indossare la tanto sognata maglia azzurra, da sempre inspiegabilmente ignorato come se le prodezze che lo hanno contraddistinto sul rettangolo di gioco avessero avuto la sfortuna di essere state compiute in palazzetti vuoti e con nessun spettatore ad ammirarle. La cosa grave è che tutti le hanno viste, compreso chi è poi deputato alle “fatidiche” scelte. “Se si fosse chiamato “Campanao” sarebbe stato titolare inamovibile della nazionale italiana”, questa è stata la battuta molto ricorrente e divenuta ormai nota negli ultimi anni, a tal punto da annoiare gli addetti ai lavori. Mai considerazione fu così scomoda e scontata, mai così vera. Con tutto il rispetto e l’ammirazione per una tradizione calcettistica straordinaria ed invidiabile come quella sudamericana, per carità. E, però, non è stato sempre così, perché un po’ di spazio in più a talenti nostrani, in modo particolare negli ultimi anni, è stato dato. Al bomber partenopeo questa possibilità non è stata concessa, no, chissà per quale colpa, nonostante siano i numeri e non solo a parlare per lui. Per fortuna papà Ciro ha la nazionalità francese ed allora ci ha pensato il selezionatore transalpino Pierre Jacky, persona evidentemente lungimirante, ad accorgersi di lui ed a convocarlo per uno stage che i galletti sosterranno da lunedì 14 a mercoledì 16 maggio in quel di Clairefontaine. “La verità è che in Italia nessuno ha mai creduto in me. Per me è una grandissima soddisfazione oltre che una meravigliosa opportunità. Sarà bello lottare per conquistarmi una maglia e magari provare a giocare per la qualificazione ad un campionato mondiale, ci proverò con tutte le mie forze”. Non preoccuparti Antonio, il tuo mondiale lo hai già vinto: bonne chance!
Alfredo Trovato – Addetto Stampa Napoli calcio a 5