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Una vita vale un piccolo investimento. E’ quello che dovrebbero capire tantissime società dilettantistiche campane e, ovviamente, italiane. La morte tragica del povero Piermario Morosini ha portato alla ribalta la necessità dell’uso di un defibrillatore su tutti i campi. L’urgenza di un intervento immediato potrebbe salvare vite umane ed è chiaramente spiegato nell’articolo che pubblichiamo a fondo pagina. Abbiamo intervistato Salvatore Colonna, presidente del Comitato Regionale Campano, lanciando una nostra proposta: perchè non obbligare le società all’acquisto di un defibrillatore con una convenzione che ne faccia abbattere i costi? Oppure, perchè non cercare una soluzione in cui, monitorando tutte le strutture sportive, si possano dotare le stesse dell’uso di un defibrillatore nel momento in cui su quel campo ci giocano più società e si disputano più partite in una settimana? Ed infine, è così difficile o impensabile creare una figura professionale, che non sia per forza un medico, per usare questo strumento fondamentale e salvavita? L’avvocato Colonna non si sottrae alle risposte: “L’idea è molto interessant e dobbiamo cercare tutte le strade possibili affinchè ci sia una copertura maggiore di quella già esistente nell’uso del defibrillatore in campo. Ascoltando le parole di Carlo Tavecchio (presidente Lnd, ndr), e anche quelle di Giancarlo Abete (presidente della FIGC, ndr) ieri sul Corriere dello Sport, è necessario che dalle parole si passi ai fatti, e ben presto dobbiamo muoverci in una direzione comune per ottenere degli obiettivi. Sarebbe opportuno, credo, che almeno tutti gli impianti sportivi pubblici fossero dotati di un defibrillatore. Purtroppo, però,le risorse dei Comuni sono sempre scarse e quando si pone all’attenzione un problema del genere le risposte tardano ad arrivare. Mi risulta che un defibrillatore costi intorno ai 2500 euro oppure, come mi dice lei, pare ci siano anche quelli automatici di un costo pari alla metà (1200-1300 euro)”. Un costo in teoria abbordabile, ma resta
sempre un punto di domanda, chi se lo dovrebbe accollare? Società, privati, Comuni o Federazione? Il presidente Colonna spiega il suo punto di vista: “Abbiamo il dovere di non fermarci al primo intoppo, l’idea di fare quasi un censimento di tutte le strutture, una convenzione per l’acquisto del defibrillatore, chiedendo anche un contributo alle società, non è assolutamente da escludere. Per fare un esempio, in un palazzetto dello sport o in un campo di calcio è facile ipotizzare che ci siano più società che giochino nella stessa struttura, chiedere a loro l’onere della spesa dividendo il costo è una
soluzione sicuramente fattibile. Il nostro appello deve andare anche in questa direzione, resta indubbio che la FIGC e la Lega Nazionale Dilettanti devono fare la loro parte ed essere propositivi in termini di contributi o convenzioni per l’acquisto del defibrillatore. Il privato, però, come detto, deve e può essere di sostegno al pubblico, quindi le società, almeno quelle più attrezzate, potrebbero muoversi per conto loro. Tutto questo discorso – conclude Colonna – è legato ovviamente alla figura di una persona, un medico o un infermiere o qualcuno che faccia un corso specifico, per l’uso del
defibrillatore. Altrimenti dobbiamo pensare che ci sia un medico presente per tutta la giornata su ogni campo e diventa impossibile. Dovrebbero in questo caso essere le società ad istruire una figura professionale che possa utilizzare il defibrillatore”.
Punto 5 farà partire una campagna di sensibilizzazione con un banner specifico e uno slogan: “Il defibrillatore salva la vita”. Qualsiasi informazione sarà riportata in questa pagina specifica.
Riportianmo, come detto, di seguito, una testimonianza importante sull’uso del defibrillatore (fonte calciomercato.com), che spiega come avrebbe anche potuto salvarsi il povero Morosini e la necessità del suo uso anche a basso costo”.
Un defibrillatore a bordo campo avrebbe salvato la via a Pier Mario Morosini. E’ questo il pensiero di Daniela Aschieri, responsabile della Cardiologia territoriale dell’Asl di Piacenza, che da anni lotta per la presenza dei defibrillatori negli impianti sportivi
La dottoressa Aschieri precisa: “Vista la causa della morte di Morosini, se si fosse applicato il defibrillatore entro un minuto, ci sarebbe stata una percentuale pari al 90% di salvezza per il ragazzo; entro due minuti la percentuale rimaneva alta, circa l’80%. E così via. Se però lo applichi dopo sei minuti, hai già perso il 60% di possibilità di salvare il paziente dalla morte. Inoltre, il defibrillatore ci avrebbe detto subito se Morosini era in arresto cardiaco oppure no”.
Ci troviamo di fronte ad una macchina molto semplice da usare… “Sì. Non occorre essere medici, chiunque è in grado di applicare due elettrodi sul petto. Poi l’apparecchio, da solo, fa la diagnosi e dice se erogare la scarica o meno, non sempre siamo in presenza di un arresto cardiaco”.
Da quanto visto a Pescara e dall’esito dell’autopsia, per Morosini si parla di un problema di natura genetica: “E’ probabile che si ci trovi di fronte ad una displesia del ventricolo destro – prosegue la dottoressa Aschieri – una malattia che porta all’arresto cardiaco. Con un defibrillatore si poteva sicuramente evitare la morte del ragazzo. In un campo di calcio basta alzarsi dalla panchina, correre e azionare il macchinario. Le possibilità di salvare il paziente sono tante”.
L’arresto cardiaco non è un qualcosa che si può prevenire. Dunque, che fare? “Vogliamo trasmettere un messaggio molto chiaro. Di arresto cardiaco si muore, ma il defibrillatore può salvarti la vita. Penso che non occorrano altri soldi per la prevenzione degli atleti, già ben seguiti. Noi, a Piacenza, utilizziamo questi defibrillatori e abbiamo già salvato la vita a 74 persone”.
Quanto costa un defibrillatore? “Quelli che usiamo noi, automatici, circa 1.200-1.300 euro. Una cifra abbordabilissima per le società di calcio. Se ne dovrebbero dotare autonomamente tutte le strutture sportive, le scuole e magari anche i condomini”.