Il capitano e leader societario della Sandro Abate mette a fuoco le necessità della disciplina. “L’iniziativa congiunta è servita per smuovere acque troppo calme: ma dobbiamo guardare al futuro con un po’ più di serenità. Ma sia chiaro: a una Serie A a venti squadre non ci sto”
Un Massimo Abate a tutto tondo quello andato in onda sugli schermi di Piuenne, ospite di ”Speciale Coronavirus”, trasmissione condotta da Gigi Ermetto e che, dedicata al futsal, ha visto la presenza in studio del direttore di Punto5, Fabio Morra. Dall’altra parte delle telecamere, spazio al capitano e massimo esponente del club irpino, presente anche il consigliere della Divisione Calcio a 5, Antonio Dario, a cui il leader della Sandro Abate ha subito rivolto parole di apprezzamento.
”L’unico che ci sta mettendo la faccia ed è l’unica presenza concreta della Divisione Calcio a 5, allo stato attuale al 20 di aprile”, ha sottolineato Massimo Abate prima che la discussione prendesse subito l’indirizzo del comunicato congiunto firmato dalle proprietà non solo della Sandro Abate ma anche di Italservice Pesaro, Acqua&Sapone, Real Rieti e Came Dosson che tanto ha fatto scalpore nello scorso fine settimana.
”Per quel che concerne il comunicato che è venuto fuori ormai da qualche giorno – riprende Massimo Abate – io parlo per mio conto, parlo per quello che è il mio pensiero, magari gli altri potranno avere una posizione diversa, o anche simmetrica rispetto alla mia, ma questo non mi è dato saperlo. Quel comunicato è venuto fuori in un momento di esasperazione. Noi come Sandro Abate, ed altre quattro società di Serie A, a nostro rischio e pericolo, abbiamo tenuto il 99% delle rose, accollandoci i costi delle mensilità accessorie per il periodo che non si è giocato. Abbiamo cercato di muoverci, con coscienza, per poter difendere quello che era l’obiettivo comune, ovvero un finale di stagione decoroso. Il 20 aprile si è arrivati ad un momento di stasi totale che ha creato un sentimento negativo ed è venuta fuori questa reazione, impulsiva, che voleva cercare di smuovere acque troppo calme. Io resto comunque padrone di quello che si fa all’interno della Sandro Abate, quello che hanno fatto gli altri spero che lo abbiano fatto in coscienza, ma non sta a me sindacare o indagare, perché non posso essere né un censore e tanto meno l’organo preposto per decidere se si continua o meno. La generalizzazione rispetto all’inserimento nel comunicato di quel piccolo passaggio sulle altre squadre forse è stato un errore. Però andiamo avanti, in una situazione così difficile cerchiamo di poter guardare al futuro in qualche modo, sia per questa stagione sia per la prossima, perché ci sono partite plurime aperte sul tavolo e speriamo di vedere il minor numero di morti possibili, visto che siamo su un vero campo di battaglia rispetto a quella che è la situazione della nostra disciplina”.
Un calcio a cinque che sta vivendo un momento di incertezza: il Coronavirus ha reso ancora più instabili i già precari equilibri esistenti in piazzale Flaminio. E le prospettive sono tutte da verificare. Con sullo sfondo la sfida elettorale che si giocherà per il rinnovo della governance. Abate però pensa al fatto concreto del presente.
”Per quanto concerne il futuro, la delicatezza del momento imporrà delle riflessioni profonde perché il vuoto regolamentare, dettato dalle necessità o di un’entità subordinata che deve intervenire, o del Consiglio Federale che dovrà andare a cambiare il comunicato numero 1, è un vuoto pesante. Si dovranno decidere i criteri di un eventuale assegnazione dello scudetto e poi di qualificazione alla Champions League, nonché i criteri di promozioni e retrocessioni. Qualsiasi cosa si farà credo che ci sarà qualcuno scontento e non vorrei essere nei panni di chi dovrà decidere. Per quanto riguarda la Sandro Abate non posso che promettere che ci atterremo in modo pedissequo a qualsiasi tipo di decisione, cercando di fare meno proteste possibili. Diciamo che la beffa, oltre il danno che si sta consumando in questa situazione drammatica, sarebbe quella di un’estate di ricorsi: la coscienza di tutti deve essere quella di unirsi per dare un futuro a questa disciplina, guardando avanti in qualche modo con un po’ più di serenità rispetto al momento attuale”.
I punti riportati nella lettera delle ”cinque grandi” ha comunque creato un tavolo di discussione. Massimo Abate focalizza il suo punto di vista sulla qualificazione della massima categoria e sulla regola che la nuova Serie A venga disputata da squadre tutte sullo stesso livello.
”Non abbiamo la velleità di sceglier nulla, soprattutto in un terreno così scivoloso. Credo che se c’è una squadra come il Real San Giuseppe cui manca solo un punto per la matematica promozione, sia giusto che l’anno prossimo giochi nella massima serie. Questo è il mio pensiero. Rispetto alle sedici squadre, e rispondo in modo diplomatico, faccio un esempio. Il calcio a cinque da un anno e mezzo è sbarcato su Sky. Sono state fatte tante cose da questa governance della Divisione, giuste o sbagliate che siano, e una delle migliori è stata la medianicità data alla nostra disciplina. Un campionato che qualitativamente sia un campionato, sedici squadre che partono in una maniera e che, più o meno, arrivano allo stesso modo alla fine: il nostro intento è di preservare la Serie A che, proprio perché si chiama Serie A, deve essere un campionato elitario. Bisognerebbe che la facciano solo società che hanno realmente le disponibilità gestionali, strategiche ed economiche consone per ambire a quello che è il massimo livello. Una Serie A a venti squadre, con un livello qualitativo più basso, noi non la facciamo. Quali saranno le partecipanti? Ci sarà probabilmente una selezione naturale che ci porterà ad avere un numero basso di iscrizioni, cosa possibile visto il momento di crisi e di recessione che io paragono al primo conflitto mondiale, cento anni fa. Non è stato affatto il nostro un fare censorio nei confronti delle belle stagioni giocate dalle squadre del campionato di Serie A2 né tantomeno andarsi a sostituire a quelli che sono gli organi che decideranno rispetto al numero. Era un nostro auspicio motivato da ciò che si è detto, ma un campionato a venti squadre, quello proprio no”.
Da calcioa5anteprima