
E’ indubbiamente il volto nuovo del futsal italiano. Anche se, paradossalmente, le cronache dell’allora calcetto avevano parlato di Luca Bergamini molto prima che emergessero i nomi di Gabriele Di Gianvito o Antonio Dario, i quali, in attesa della certificazione delle rispettive candidature, che arriverà solo il 6 gennaio, saranno i componenti della sfida a tre che condurrà all’elezione del nuovo presidente della Divisione Calcio a 5.
E se per molti può apparire scontato chiedere a Bergamini i motivi che lo hanno spinto a compiere questo passo, noi abbiamo voluto domandare allo storico portiere della Roma RCB dominatrice della scena tra gli Anni Ottanta e Novanta, che può vantarsi di vedere esposta la sua maglia azzurra al Museo del Calcio di Coverciano, come ha ritrovato il calcio a cinque italiano a tanti anni di distanza.
”Più che chiedermi come fosse il calcio a cinque – ci dice – mi sono chiesto come potrebbe essere. Quello che c’è oggi lo si vede e l’ho visto negli anni, seppure da osservatore esterno ma sicuramente interessato, dato che nel mio DNA c’è tanto di questo sport. L’osservazione porta a valutare alcuni aspetti anche filosofici che sono stati smarriti e vanno recuperati. Il mio ritorno sulla scena nasce più da questo, piuttosto che dall’idea di fare meglio di chi c’è stato alla guida della Divisione. Si possono fare molte cose per riportare il calcio a cinque alla dimensione sociale che gli appartiene, e dargli anche una narrazione diversa facendo leva sulla comunicazione: non abbiamo testimonial, calciatori, non ci sono storie di uomini e di società, l’appassionato si avvicina a questa disciplina solo attraverso il racconto dell’evento sportivo. Questa è una carenza che ci è stata negli anni: concentrarsi sul vertice di un’attività sportiva, sulle squadre principali e i giocatori e più importanti, è stata una lettura scorretta. Secondo me invece, in ogni sport, ci deve essere una base che spinga per l’altezza. E dico di più. Si sono cercate scorciatoie che hanno dimenticato i settori giovanili e la crescita delle squadre. Era più facile andare a prendere il giocatore che arrivava da altre culture sportive, lontane da quelle di casa nostra: un errore che secondo me non andava fatto e che non deve essere nemmeno ripetuto. Ci dobbiamo preoccupare di un’organizzazione in cui la Divisione si trasformi in un ’service’ che faccia crescere le società”.
Un ragionamento, quello di Bergamini, che si estende alla base pura del ”calcetto”.
”Abbiamo perso ogni tipo di grip sull’attività amatoriale, complementare a quella di vertice perché crea sinergia ed attenzione mediatica per il marketing e per le aziende, che sono poi quelle componenti che poi aiutano a sostenere un progetto credibile. Esprimiamo dei numeri talmente importanti che vanno necessariamente messi a sistema per evitare che vengano dispersi. Oggi, credo, il futsal ha bisogno di questo. Quattro anni fa venne da me un’altra persona del calcio a cinque storico, mi venne chiesto di candidarmi ma non ero pronto, non c’erano ancora le condizioni per iniziare un percorso così impegnativo. Oggi che si è consolidata la mia situazione professionale, si è creata la tranquillità per dedicare del tempo, a titolo gratuito, alla disciplina da dove sono partito. Faccio tutto con questo spirito e sono convinto che sia ciò che serve, almeno all’inizio”.
– Parliamo di attività nazionale: il numero di squadre è cresciuto a dismisura e questa crescita ha portato comunque un calo della qualità, con squadre come quelle di Serie B ed A2 femminile, che pur rappresentando la base del nazionale,stanno pagando il prezzo maggiore delle difficoltà del momento. Il programma di Luca Bergamini come si rivolge a quella che, stando i numeri, è la componente più ampia della disciplina?
”Ho in mente di preporre un consigliere per ciascun campionato nazionale. Le società avranno un consulente diretto che le ascolterà. Valuteremo se dalla base arriveranno richieste o verranno presentati progetti che vadano incontro alle esigenze di un mondo e di un’economia che sono anche cambiate a causa del Covid. Un’altra cosa che sto studiando e che vorrei realizzare è la creazione dell’Asd a scopo sociale, in modo da darle una funzione che salvaguardi le realtà di territori più difficili, dove si svolgono attività giovanili e di femminile, per garantire una tutela diversa in termini di fiscalità e capacità sponsorizzative, rendendo gli interventi di finanziamento più gratificanti per chi li sostiene”.
– Il presidente federale Gabriele Gravina, si è espresso chiaramente sul percorso che il futsal seguirà a cavallo della tornata elettorale, proiettato allo sbarco in ambito FIGC sull’esempio di quanto accaduto per il femminile…
”Per quanto riguarda le società di vertice, quello che ha detto il presidente Gravina l’ingresso nella FIGC rappresenta una grande opportunità per il calcio a cinque. Va però creata la giusta sinergia tra la Federazione e la LND. Si tenga presente che nelle dinamiche federali pesa il ruolo di venti consiglieri, più uno (il presidente, n.d.c.), e di questi sei sono della LND: quest’ultima potrebbe votare contro sé stessa? Va quindi creata coesione, affinché anche le Serie A, maschile e femminile, abbiano la stessa vetrina e lo stesso sostegno economico. Detto questo c’è un altro tema sul quale tenere il focus, ossia diventare determinanti contribuendo alla costituzione di un palinsesto nel canale della Lega, facendo sì che la Serie A maschile e femminile possano essere veicolo di visibilità e qualificazione per tutto il movimento, e inserirsi in un tema che è quello dei diritti televisivi, e pensare di riuscire a ricevere qualcosa. Da qui la necessità di avere una piattaforma di Lega di altissimo livello, che abbia una narrazione diversa e con professionisti che non si limitino al solo racconto della partita. A me interessa che le clip dell’evento possano fare il giro delle testate nazionali, facendo comprendere che esistono personaggi, storie, i gol e virtuosismi, ma non solo quelli, che possono raccontare il fenomeno del calcio a 5. E’ un passo che va fatto subito. Le risorse? Le otteniamo solo se abbiamo un prodotto, che oggi è debole e che bisogna irrobustire. Dobbiamo trovare altre forme di sostegno, ad esempio la piattaforma crown-founding ereditata dall’esperienza americana. L’idea è quella di avere una piattaforma della Divisione che dialoghi direttamente tra società e sponsor. La società ha una qualsiasi esigenza, dai palloni al sostegno universitario dell’atleta all’iscrizione ad un campionato giovanile, e chi vuole può sostenerla e può farlo direttamente attraverso la piattaforma ed il trasferimento economico sarà diretto da sponsor a società. Oggi una cosa del genere non saprei come farla se non conoscessi direttamente il presidente. Questo funziona tantissimo nello sport americano, perché non provarci anche nel calcio a cinque, con una piattaforma funzionante e trasparente?
– Autonomia: il passaggio del calcio a 5 in FIGC, sostenuto apertamente da Calcio a 5 Anteprima, può essere l’opportunità, lavorando in forte sinergia, di entrare in un contesto che può garantire lo sviluppo della disciplina in ottica futura?
”Il discorso dell’autonomia è sacrosanto e nel modo in cui si manifesta oggi probabilmente è figlio di un difetto di rappresentanza e di un momento di debolezza, quando bisognava rafforzare la credibilità del calcio a cinque con figure che avevano appunto rappresentatività in una fase in cui sono occorsi episodi che ne hanno leso l’immagine. Il calcio a cinque soffre di una carenza di rappresentanza incredibile all’interno delle istituzioni. Anche secondo me la FIGC rappresenta una grande opportunità, ha alzato la soglia di attenzione verso il calcio a cinque anche nei confronti di chi prima ne ha avuta meno con effetti evidenti sul sistema. È bene che i benefici che verranno da eventuali trasformazioni, vadano a tutto il sistema e non solo a una parte, e questa è una preoccupazione che una persona che tende alla valorizzazione della Divisione Calcio a 5 deve ben tenere presente. Passaggi che devono andare a supporto anche della base, pensando a uno sviluppo concreto, perché la base sarà chiamata in futuro a spingere verso l’alto la nostra istituzione, altrimenti resteremo sempre confinati nel nostro micromondo. Dobbiamo diventare economicamente ed organizzativamente autonomi e oggi non lo siamo, anche entrare in un circuito che può portare determinate risorse. Quello che avverrà deve essere figlio di una equa distribuzione delle risorse, ma con la consapevolezza anche delle altre componenti perché altrimenti tutto questo non si realizzerà mai. E fondamentalmente creare una contrapposizione FIGC-LND è sbagliato”.
– Quali iniziative sente di avere maggiormente a cuore?
”Uno dei player che in qualche modo si è trascurato e che invece per noi può avere importanza vitale è quello di Sport & Salute, di cui abbiamo necessità per sostenere determinati progetti, portando concretamente la disciplina nelle scuole, anche per una formazione non solo delle nuove leve ma anche dei dirigenti. Bisogna recuperare i rapporti con le università, ricordo ancora che partecipai ad un Mondiale universitario, ora questo non accade più, oltre al fatto che non abbiamo più eventi. Amichevoli o tornei internazionali, perché non possono esserci in Italia? Perché non possiamo pensare di ospitare i Mondiali piuttosto che un quadrangolare con Brasile, Spagna ed Argentina?”.
– C’è un piano per il calcio a cinque per tornare a dare qualità ai campionati nazionali anche attraverso una ristrutturazione delle formule e l’introduzione di nuovi aspetti regolamentari?
”Il mio programma prevede, prima di tutto, la ricerca di risorse per la realizzazione del prodotto attraverso il crown-founding, lascerò alle società la scelta della ristrutturazione dei campionati e determinare il loro futuro, sulla base delle decisioni che emergeranno dagli incontri che ci saranno, almeno in una prima parte, a cadenza settimanale. Presenzierà un rappresentante per ciascuna società ed io mi farò carico di sostenere e realizzare le scelte di ciascuna. Nulla che piova dall’alto, ma che deve derivare da un confronto leale e trasparente tra tutte le società delle varie categorie, e questo come aspetto organizzativo. L’altra cosa che mi preme sono due temi in uno: il drop-in ed il drop-out dal calcio a cinque. Trovo assurdo che gli atleti che iniziano l’attività di calcio a undici e giochino a calcio a cinque non venga riconosciuto a livello di tesseramento dalla FIGC. Il tesseramento per quelle fasce di età deve essere riconosciuto, così come gli istruttori devono essere qualificati per il calcio a cinque. Importantissimo, in questo, è il brain-training, la capacità, come dicevano gli olandesi, della migliore scelta nel minor tempo possibile e nulla come il calcio a cinque educa e insegna in questo. La fascia di età più sensibile è quella 7-11 anni, la costruzione del cervello di un’atleta evoluto avviene in quel periodo, secondo me in quella fascia di età va riconosciuta questa qualifica. Riguardo il drop-out dal calcio, siamo la federazione europea con il maggior numero di dispersione di tesserati dai 17 anni in poi, diciamo gli esodati del pallone, tutta gente che una volta finito il sogno non riesce più a trovare una dimensione gratificante. Le società professionistiche hanno un obbligo morale nei confronti di coloro che hanno cresciuto, ossia accompagnare in un percorso di crescita un giovane atleta cresciuto nel vivaio nel futsal, anche fino ai 23 anni. Questo darebbe la possibilità alle società di darsi anche contenuti etici al di là di quelli che sono gli interessi economici. Si darebbe così una seconda possibilità ai calciatori ed una possibilità di recluting per il calcio a cinque, che spesso devono andare all’estero, cercando di fare tutto con una certa intelligenza e dandogli al contempo una dimensione sociale e una filosofia ben diversa da quella prettamente agonistica che devono avere i campionati di vertici. Il tutto in un processo di sinergia con il calcio a cinque”.
– Infine la squadra…
”Mi sono affidato totalmente all’unica persona che conosco e che per valori etici e passione mi fido. Si tratta di Alfredo Zaccardi, al quale ho affidato la dimensione politica delle scelte, avrei fatto probabilmente solo danni non conoscendo le storie. Ritengo che sia importante avere una squadra distribuita il più possibile nel territorio piuttosto che una che punti più alla forma estetica che culturale. Un bravo allenatore è quello che si mette a disposizione della squadra, e una volta che viene eletta sa governarla e gestirla: io dovrò essere capace a cercare la giusta collocazione a ogni attitudine, la mia etica morale e comportamentale mi porterà a condividere tutte le scelte che verranno fatte. Sarà una Divisione aperta, che funzionerà nella massima trasparenza e correttezza, tutto estremamente riconoscibile per chi entra in piazzale Flaminio”.
Fonte: calcioa5anteprima.com