Arrivederci serie A. Sembrava ieri che la Campania dovesse stravolgere gli equilibri del futsal italiano con tre squadre nella massima categoria ed oggi ci ritroviamo senza neanche una nostra rappresentante. Prima la lenta agonia del Napoli, poi la rinuncia della Napoli Barrese e adesso la retrocessione del Napoli Vesevo. Sognavamo lo scudetto, quello sfiorato dallo Stabiamalfi di Nino Ercolano in una memorabile finale col Prato del 2002: nessuno ci è andato mai così vicino. Il Napoli di Gentile ha vissuto tante stagioni da comprimario ed una da protagonista con una sfortunata semifinale persa contro l'Arzignano nel 2008; la Napoli Barrese non è andata oltre un playoff e l'anno scorso il Napoli Vesevo avrebbe potuto regalarci l'emozione di un trionfo in coppa Italia, ma l'ha solo accarezzata uscendo ai rigori, nei play off scudetto, ai quarti con la Luparense. E poi? Parliamoci chiaro: e poi mancano i soldi. Oggi non ci sono le condizioni economiche contingenti per fare una serie A nel contesto di un club mal organizzato e con scarse risorse. Comprensibili i passi indietro fatti da molti, gli addii, le fusioni, i ridimensionamenti che hanno caratterizzato il futsal campano delle ultime stagioni.
Il Napoli Vesevo ha optato per una scelta bellissima dal punto di vista emotivo, sapevamo che ne avrebbe pagato le conseguenze dal punto di vista tecnico perché, sfortuna a parte che ha negato una classifica migliore ai partenopei, la salvezza per questa squadra era stata dipinta da tutti come un miraggio. Ma questo gruppo ha saputo rispondere ai preconcetti eccessivi, dicendo sul campo che non è stata una formazione materasso. Tutt'altro, ha saputo vender cara la pelle su ogni campo, mancando spesso all'appuntamento con la vittoria per quelle carenze che, oggettivamente, sono il timbro di una retrocessione.
Progetto di squadra solo napoletana, una grande innovazione e una strada difficile quella del presidente Cardillo che va percorsa però con una diversa stabilità. Se è vero che il suo messaggio è di notevole impatto e ha dimostrato che si può fare, è anche chiaro che senza una struttura organizzativa, una società concepita a 360° in tutti i suoi aspetti, un settore giovanile prospettico, si costruisce solo con il pensiero.
E allora è giusto e comprensibile l'amo lanciato dal presidente Cardillo e anche il mea culpa, quello di mortificare gli orgogli personali per provare a rifondare secondo quest'ottica. Bisogna vedere però chi e se gli altri sono d'accordo. Peccato, perché con tre napoletane in serie A e la voglia di essere in prima fila di Gentile, Pappalardo e Cardillo, l'incapacità di saper dialogare tra loro per trovare un punto d'incontro, non facendo mai abbassare la guardia a nessuno, ha portato al crollo del sogno sportivo, quello di una squadra da scudetto ovviamente.
Il calcio a 5 sta di certo attraversando il momento di involuzione maggiore dove è necessario fare piccoli ed importanti passi, augurandosi che la crisi sia all'epilogo. Ma ci crediamo poco. Ci saranno altri risvolti, è un peccato pensare e vedere ogni anno qualcuno che abbandona, è una sconfitta per tutto il movimento. Ora bisogna rimboccarsi le maniche e andare avanti, se si vuole andare avanti, ma bisogna farlo senza improvvisazione, affidandosi anche a persone competenti che abbiano capacità manageriale, che lavorino costantemente per i club. Provare ad allargare ancora di più la famosa struttura organizzativa e queste persone vanno cercate anche al di fuori del mondo del futsal, altrimenti sarà sempre un conto alla rovescia verso il prossimo addio.