La sesta intervista è dedicata ad Antonio Detta, numero uno dello Sporting Sala Consilina . Scopriamo chi è oltre il mondo del futsal, i suoi segreti, le sue emozioni quotidiane.
Presidente, prima di tutto le chiediamo cosa fa nella vita.
“Sono un imprenditore edile, in particolare nel settore estrattivo e del betonaggio. Gestisco l’azienda di famiglia arrivata alla terza generazione”.
Cosa dicono in famiglia della passione legata al futsal?
“Inizialmente erano tutti entusiasti. Ora però le cose sono cambiate perchè sono il principale sponsor, ci rimetto di tasca mia e questo mi mette in difficoltà coi miei familiari”.
Ha altri hobby?
“Non esco, non fumo, non bevo: il futsal è il mio unico divertimento”.
Lei tifa? Parliamo di calcio ovviamente…
“Sono un amatore dell’Inter, ma non un tifoso sfegatato. Non sono un fan coi paraocchi, quando la squadra va male riesco ad ammetterne le colpe senza problemi”.
C’è la partita decisiva per un grande obiettivo dell’Inter e quella decisiva del Sala Consilina. Che fa?
“Il Sala ha sempre la precedenza, visto che sono impegnato in prima persona”.
Da quanto tempo vive nella galassia del futsal?
“Ho cominciato da giocatore nel 2003. Nel 2005 sono diventato dirigente ed ho ritirato la squadra dopo aver vinto un ricorso perchè avevo visto troppe cose che non mi erano piaciute. Per due anni sono rimasto fermo, poi nel 2007 è partito il progetto Sala Consilina con la scalata dalla D alla B”.
Il ricordo più bello legato alla sua esperienza in questo sport oppure ci racconti un aneddoto in particolare.
“In generale la scorsa stagione è stata ricca di emozioni. Tutti ci siamo impegnati fino in fondo e la vittoria dei playoff è stata l’apoteosi, anche se c’è rammarico per non aver vinto la Coppa Italia Nazionale”.
Cosa non le piace del calcio a 5?
“I troppi soldi che girano. Io intendo lo sport come mezzo di trasporto di valori, regole e disciplina”.
Ci dia la sua ricetta per migliorarlo.
“Ci vorrebbe maggiore vigilanza sulle speculazioni delle società. Inoltre molti giocatori si trovano vincolati alle società in situazioni spiacevoli, io credo che i ragazzi debbano essere sereni e che debbano avere la possibilità di poter decidere, insieme alle società di appartenenza, il proprio futuro”.
Il suo portafortuna?
“Niente di particolare. Solo un in bocca al lupo e un saluto alla squadra prima delle partite: quando entrano in campo sono nelle loro mani e da presidente mi trasformo in primo tifoso”.