Anche Fabio Rinaldi e Umberto Battaglia, ragazzi con noi da almeno un anno, hanno realizzato i loro sogni iniziando un percorso di inserimento nel mondo del lavoro grazie all’interessamento e alla solidarieta’ di TUtors come la INDA RAPPRESENTANZE dei fratelli Giovanni e Massimiliano Inda e alla EMIMARdei fratelli Alessio e Peppe Mattera.
Ma Fabio e Umberto, indipendentemente dallo sport e dalla permanenza in squadra ( Battaglia sara’ dato in prestito al San Marco), hanno attraversato con noi un processo di educazione al lavoro caratterizzato da una profonda conoscenza delle rispettive personalita’; conoscenza che ha bisogno di tempo per permetterci di “spendere” la nostra parola in merito alle qualita’ etiche e morali delle persone che proponiamo.
Ma vi starete chiedendo: Che senso ha dire che dobbiamo educare i giovani al lavoro?
Bisogna partire dal fatto che, per la cultura dominante, queste domande hanno poco o nessun senso. Infatti prevale lo stereotipo secondo cui vengono a mancare non solo le opportunità oggettive di lavoro, ma anche l’idea stessa del lavoro. Chiedersi che cosa significhi educare al lavoro sembra essere – per la cultura più diffusa – una domanda priva di qualsiasi speranza di risposta.
Si tratta, allora, di capire se questa sia veramente la situazione, o se piuttosto non ci sia una sorta di annebbiamento della coscienza personale e collettiva, che distorce il senso del lavoro, lo scenario delle opportunità di lavoro e quindi anche i requisiti formativi per realizzare tali opportunità.
La nostra risposta è che, dietro alcuni parziali elementi di realtà, la visione attuale delle cose sia profondamente errata e fuorviante. Occorre rivedere completamente il modo di intendere il lavoro oggi e, di conseguenza, il senso dell’educare al lavoro.
Educare è parola sospetta perché ancora nella testa di troppi c’è l’idea che c’è chi educa e chi è educato.
Educare vuol dire invece fornire gli strumenti, accompagnare, perché i ragazzi non sono dei contenitori da riempire ma persone che devono essere messe in grado di costruire un loro percorso di autonomia. Hanno fantasia, creatività, intelligenza, capacità.
Questo modo di educare, accompagnare, nel mondo dello sport dilettantistico dove la funzione del dirigente/allenatore e’ anche di coaching sociale, è molto più faticoso di quanto si possa fare limitandosi a garantire un compenso di poche centinaia di euro (chiamato, nel gergo comune , addirittura STIPENDIO) solo perche’ si gioca al calcio (ripetiamo dilettantistico e cioe’ per diletto, per divertimento…….di tutti ) !!!
E dopo ? E quando questi ragazzi avranno raggiunto una eta’ (intorno ai 30 anni) che non li consente di essere piu’ appetibili sul mercato del lavoro perche’, “attratti e distratti” da quei pochi spiccioli, non hanno costruito un loro sviluppo professionale, non hanno imparato un’arte ?
Di chi sono le responsabilita’ ? Sempre e solo dei ragazzi ? NO, NO, NO !!!
Molti di questi ragazzi hanno avuto “cattivi maestri” , camuffati da dirigenti sportivi , che pensavano e pensano solo alla loro effimera gloria !!
Fuori le responsabilita’ e fuori dallo sport dilettantistico questi personaggi !!!
Lo diciamo da tempo ad alta voce e ci auguriamo che in questa “crociata”, “costretti” anche dalla profonda crisi economica che sta attraversando il nostro paese, ci assistano i media e ci seguano quelle societa’ e quei dirigenti che hanno la nostra stessa visione dello sport come strumento di inclusione sociale e con cui vogliamo gemellarci in una sorta di “Lega della Solidarieta’ “
Trasmettere le nostre idee, le nostre convinzioni non e’ semplice, lo sappiamo, perché sottintende l’esigenza di un’educazione permanente e sistematica che non si realizza in pochi giorni. E’ un processo che dura mesi, talvolta anni ma che , alla fine , produce risultati !
Chi arriva e stende subito la mano per “chiedere” viene salutato e va a casa !!
I ragazzi sono persone attive, ognuno di loro è irripetibile. Con loro è importante confrontarsi, produrre sapere, imparare a leggere la realtà. Soprattutto, noi dobbiamo aiutarli a passare dai sogni alla responsabilità.
I sogni sono molto forti nell’età giovanile. Sognare a tutte le età, ma specialmente in epoca di crescita, è importante. Sognare è utile al vivere, alimenta gli ideali, l’utopia, ma anche la speranza, il futuro. Il sogno è tensione, è fiducia nelle proprie possibilità, è voglia di cambiare le cose.
Ma oggi viviamo in una società dove l’informazione, la televisione, la pubblicità, i “cattivi maestri” spesso ti vogliono “rubare” i sogni. Perché alimentano un immaginario dove tutto è in funzione di un mercato che ti fa sognare, desiderare. Ma sono trappole che rendono il sognare un alibi per scappare dal presente.
Allora il bombardamento di immagini che tutti i giorni entrano in casa nostra – dove ciò che conta è l’apparire, è il denaro, è la forza, è la bellezza a oltranza, è il potere, è il possesso – intrappola i sogni perché rischia di allontanarti dalla realtà. Oggi i nostri ragazzi sono sommersi da un mondo virtuale.
Chi li aiuta a calare il virtuale nel reale?
Siamo chiamati ad accompagnare i sogni dei nostri ragazzi, ad “esserci” per aiutarli a fare il passaggio dal sogno all’assunzione di responsabilità, ad aiutarli a leggere le trappole che rischiano di schiacciare i loro sogni.
Noi ci siamo !!!
Comunicato stampa United Colours of Futsal