E’ indubbiamente uno degli allenatori più stimati d’Italia. Quest’anno è riuscito nella quasi storica doppia impresa di conquistare coppa Italia e scudetto, ma il tricolore è un sogno rimandato. Il futuro di Massimiliano Bellarte è dalla sua parte, con lui è nato il personaggio del filosofo e anche un nuovo modo di fare comunicazione attraverso i social network, moderno e sicuramente antipatico ad alcuni. D’altronde chi si espone ed è bravo come fa a suscitare simpatie univoche? Praticamente impossibile. Nello sport, però, contano i fatti, i risultati, la strategia, la bravura, la capacità. Qualità che non gli mancano in una lunga storia che nasce in un altro rettangolo di gioco e con la voglia di riprendersi la vita dopo averla quasi persa. Oggi al Ranch Palace Hotel ai Camaldoli, a partire dalle 9.30, il clinic atteso con gli allenatori campani.
Partiamo al 1997 quando hai lasciato la pallacanestro per dedicarti al futsal. Perché quella scelta?
“La scelta di lasciare il basket è venuta per la coscienza di essere limitato, per la possibilità che il Futsal offriva, sport nascente e di conseguenza con una fruibilità e un’apertura per le ambizioni diversa e maggiore”.
Sei stato in coma, dopo un incidente automobilistico. Quando sfiori la morte, la determinazione e il coraggio nelle scelte che si fanno dopo hanno un’ottica diversa?
“Dopo che sfiori la morte riesci a fare scelte senza preoccuparti di quelle che potrebbero essere le conseguenze negative. Di solito quando pensi alla possibilità di una sconfitta, stai già iniziando a perdere e allo stesso modo quando inizi a pensare che la scelta potrebbe essere sbagliata, ha molte chances di rivelarsi tale”.
Quanto hanno influito i tuoi studi nella formazione del Bellarte di oggi?
“Tanto e non solo quelli relativi allo sport o al Futsal nello specifico. Studiare e avere la mente attiva poi ti garantisce un’apertura mentale anche nella gestione delle dinamiche sociali che necessariamente ci sono in una squadra”.
Dal primo fidanzamento col Modugno a questa nuova splendida storia d’amore con l’Acqua & Sapone. Una stagione che non dimenticherai facilmente.
“In realtà sono gli ultimi 10 anni che non dimentico. Dal primo anno di C2 con il Ruvo all’ultimo della finale scudetto con l’Acqua & Sapone. In mezzo c’è il Modugno dove ci sono quelle persone che per prime hanno visto in me del talento. Infine la famiglia Barbarossa nell’Acqua&Sapone con D’Egiidio e Colatriani, che mi danno tutto quanto mi metta nella condizioni di stare e competere ai massimi livelli. Ecco, devo ringraziare tutte quelle persone che mi hanno dato possibilità quando neanche io me le sarei date”.
Poi c’è un’altra storia d’amore, con Fernanda Borzuk (Nanà”giocatrice della Lazio femminile). Diciamolo francamente: è il sogno di ogni uomo, poter guardare tutte le partite in tv e al palasport con la propria compagna senza doverle spiegare ogni volta cosa sta accadendo…
“E’ perfetto. E’ il sogno di ogni uomo avere una compagna che sa di Futsal più di te, che gioca alla playstation e che potrebbe darti un figlio con le stesse caratteristiche”.
Mi piace riprendere due ultimi tuoi post su facebook che racchiudono credo anche in toto la tua figura professionale. Nel primo, sottolineando l’aspetto tecnico, dici: “Il Futsal è uno sport tattico, complesso e di adattamento quindi è necessario che il nostro allenamento sia attivo, imprevedibile e non ripetitivo”. Un messaggio chiaro ai tanti ragazzi che in te vedono un esempio.
“Credo che l’allenamento sia vitale per rendere migliore questo sport, eccellere nell’allenamento significa migliorare la disciplina prima che il giocatore o la propria squadra”.
Nel secondo si evidenzia il filosofo Bellarte: “I sogni veri si costruiscono con l’ambizione, con il lavoro, con i successi e soprattutto con le sconfitte…è con tutto ciò che questi si trasformano in progetti, altrimenti rimangono solo sogni”. Un aspetto della tua vita che ci tieni a far emergere sempre.
“Per conoscere un “allenatore” bisogna osservare come vince piuttosto che come perde: quando fallisce l’orgoglio lo sostiene, quando vince l’orgoglio lo tradisce. Io credo che per vincere bisogna imparare a perdere”.
La necessità di affidarsi ad allenatori qualificati, soprattutto nei settori giovanili, la necessità di saper fare comunicazione, la necessità di aggiornarsi. Li ritieni tre punti cardine?
“In modo assoluto! I formatori, e quindi con gli aggiornamenti “creare” i formatori, e la comunicazione non solo come divulgazione dell’attività ma anche come “modo” per arrivare alla gente e rendere appetibile non solo una persona ma, come in questo caso, una disciplina sportiva che si rappresenta”.
Sabato sei a Napoli per il clinic. Il confronto è lo specchio della crescita umana e professionale su ogni palcoscenico. In tanti ti aspettano.
“Augusto di Iorio è l’emblema di come il confronto o l’aggiornamento continuo possa portare l’eccellenza nell’ambito in cui si compete”.